Eleanor Roosevelt
«Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti. In assenza di interventi organizzati di cittadini per sostenere chi è vicino alla loro casa, guarderemo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi noi crediamo che il destino dei diritti umani è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità».
(27 marzo 1958, In Your Hands).
In seguito alla morte dei suoi genitori, la giovane Eleanor fu cresciuta dalla nonna materna Mary Ludlow Hall. Eleanor si trovò così in un ambiente familiare alquanto ostile. Si lamentò della situazione con sua zia Anna “Bamie” Cowles (sorella di Theodore Roosevelt), la quale decise di portarla via dagli Hall. Lo zio Ted l’accolse nella sua casa. Fu lì che ad una festa di Natale incontrò il cugino e futuro marito Franklin Roosevelt. Con l’incoraggiamento della zia Bamie, Eleanor fu mandata ad Allenswood, una scuola femminile nei dintorni di Londra, dove studiò dal 1899 al 1902. Qui conobbe Mademoiselle Marie Souvestre, sua insegnante, che ebbe su di lei notevole influenza. La Souvestre era interessata alle cause liberali e alla questione femminile. Eleanor definì la Souvestre come una delle persone che ebbero maggiore influenza nella sua vita. Quando venne il momento di tornare a New York, la Souvestre fece del suo meglio per prepararla ai Roosevelt di Hyde Park. Nel 1902 incominciò a vedersi con il cugino Franklin, studente di Harvard, frequentazione che proseguì sino al fidanzamento, nel novembre 1903. Sara Ann Roosevelt, la madre di Franklin, contraria al matrimonio, riuscì a farlo rimandare e nel vano tentativo di far dimenticare Eleanor al figlio, lo spedì a fare un lungo viaggio con gli amici che durò 16 mesi. Tuttavia la maggior parte della famiglia era favorevole all’unione. Il sostegno maggiore venne dallo zio Theodore, che scrisse una lettera a Franklin sostenendolo nella sua scelta. Il 17 marzo 1905 Eleanor e Franklin si sposarono. Dal matrimonio nacquero sei figli.
La madre del futuro presidente degli Stati Uniti non aveva visto di buon occhio il matrimonio di suo figlio con Eleanor, che considerava timida, non particolarmente carina e poco esperta della vita. Eleanor lasciò che Sara dominasse completamente il primo periodo della sua vita coniugale, sebbene la rendita di Eleanor al momento del matrimonio fosse di poco inferiore a quella del marito e la coppia non avesse dunque alcun bisogno del supporto economico offerto dalla suocera.
Il punto di svolta nella vita di Eleanor ebbe luogo nel 1921, quando il marito contrasse la poliomielite e rimase paralizzato alle gambe. Fu a questo punto che la personalità della Roosevelt si impose finalmente su quella della suocera, la quale invitava il figlio a ritirarsi dalla vita politica e a rassegnarsi al suo destino. Eleanor invece convinse il marito ad andare avanti e divenne “le gambe e le orecchie” del marito, conquistandosi uno spazio personale di azione. Dopo che Franklin fu nominato governatore di New York nel 1928, lei cominciò a presenziare le visite a case, ospedali e prigioni per conto del marito. In quel periodo lavorò anche per la League of Women Voters, la National Consumers’ League, la Women’s Trade Union League e la sezione femminile del Comitato democratico dello Stato di New York.
L’incoraggiamento costante di Eleanor permise a Franklin di tornare alla politica e vincere il governatorato di New York (1929-1933).
Quando Franklin Delano Roosevelt fu eletto alla presidenza (1933-1945) Eleanor Roosevelt divenne la prima first lady attivista. Con conferenze stampa e la sua rubrica quotidiana mantenne un contatto con il pubblico circa le politiche sociali della Casa Bianca, in particolare il New Deal. Convinse il marito a creare il National Youth Administration (NYA), che ha fornito aiuti finanziari agli studenti e la formazione professionale per giovani uomini e donne.
La sua preoccupazione per i neri americani, la spinse a lavorare a stretto contatto con organizzazioni come l’Associazione Nazionale per il Progresso della Gente di Colore (NAACP) e nel 1939 si dimise dalle Figlie della Rivoluzione Americana in segno di protesta poiché l’associazione rifiutò il permesso di cantare nella propria sala concerto di Washington alla cantante nera Marian Anderson.
Quando Franklin D. Roosevelt morì nel 1945, il ruolo di Eleanor Roosevelt, come first lady era finito ma non si ritirò a vita privata e il nuovo Presidente, Harry S. Truman (1884–1972), che salì alla Casa Bianca dopo la morte di Franklin Roosevelt nel 1945, le chiese di diventare rappresentante per i Diritti Umani presso la Commissione delle Nazioni Unite.
Finita la guerra, Eleanor Roosevelt si impegnò per la ratifica della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite. Il 28 settembre 1948, in un famoso discorso, definì la Dichiarazione “la Magna Carta di tutta l’umanità”. La Dichiarazione fu approvata quasi all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, con soli otto astenuti. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ha affermato la vita, la libertà e l’uguaglianza a livello internazionale per tutte le persone indipendentemente dalla razza, credo o colore. Il retaggio delle sue parole e delle sue opere compare nelle costituzioni di molte nazioni, ed in un corpo di leggi internazionali in evoluzione che ora protegge i diritti degli uomini e delle donne in tutto il mondo.
Eleanor Roosevelt lavorò fino alla fine dei suoi giorni per ottenere l’accettazione e l’attuazione dei diritti contemplati nella Dichiarazione.
Eleanor si interessò anche di politica estera e dopo che gli Stati Uniti furono entrati nella Seconda Guerra Mondiale (1939–45) nel 1941, fece numerosi viaggi al fronte per supportare le attività della Croce Rossa e per il morale delle truppe.
Nel 1943, con Wendell Willkie ad altri esponenti americani, gettò le basi per la costituzione della “Freedom House”, un istituto di ricerca per la promozione della pace e della democrazia nel mondo. Eleanor riuscì a raccogliere molti fondi.
Ha scritto diversi libri sulle sue esperienze: Questa è la mia storia (1937), This I Remember (1950), On My Own (1958), e Domani è adesso (pubblicato postumo, 1963).
Eleanor ha presieduto anche la “Commissione presidenziale sulla condizione delle donne” della quale fu presidente John F. Kennedy.
Di fronte agli eventi più cruciali del ventesimo secolo, la Grande Depressione, la Seconda Guerra Mondiale, l’istituzione delle Nazioni Unite e l’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si confrontò con opportunità e avversità, con un senso di ottimismo e determinazione. Efficacemente Adlai Stevenson (un ex candidato democratico alla presidenza) scrisse di lei: «Avrebbe preferito accendere una candela che maledire l’oscurità».